Il conflitto russo – ucraino e le sanzioni
Dal 2014, l’UE ha cominciato ad adottare sanzioni economiche contro la Russia, inaspritesi ed intensificatesi con l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. Le sanzioni riguardano, tra le altre cose, divieti di fare affari con persone, banche ed entità russe individuate, nonché di vendere e/o acquistare una serie sempre più ampia di prodotti (fatta eccezione per i prodotti agricoli, farmaceutici e per fini umanitari).
Anche UK e USA hanno adottato delle sanzioni economiche, così come c’è stata una risposta russa. Anche in Russia, il quadro normativo e finanziario è mutato in senso più sfavorevole alle parti di Paesi che hanno applicato le sanzioni, i cui diritti sul territorio russo non vengono così più garantiti. Ad esempio, recenti disposizioni russe consentono le violazioni dei diritti di marchi di imprese straniere, “ree” di provenire dagli Usa o da altri stati occidentali. Inoltre, il governo russo ha adottato una serie di misure volte a ridurre il flusso di valuta estera, fuori dalla Russia, rendendo così più complesso il pagamento di contratti in essere, anche tramite quelle banche russe che non sono state colpite dalle sanzioni europee.
Cosa succede ai contratti in corso di esecuzione con parti russe?
Chi sta eseguendo o deve eseguire un contratto magari negoziato tempo fa con controparti russe, si trova in una situazione difficile.
Vediamo di illustrare due casi:
- La merce è pronta nell’UE ma – a causa dell’ultimo pacchetto di sanzioni UE – non è più esportabile in Russia.
- La merce è ancora esportabile, ma il contratto prevede un piano di pagamenti dilazionati a suo tempo negoziato con la controparte russa, senza garanzie.
A) La merce non è più esportabile in Russia
Se il contratto è stato concluso prima dell’adozione delle sanzioni che hanno vietato l’esportazione, le parti devono verificare il loro contratto.
Il contratto può prevedere una clausola di forza maggiore e, allora, bisognerà fare riferimento a quella clausola.
Se il contratto non prevede nulla al riguardo ed è sottoposto a legge italiana o russa, ovvero alla Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di beni mobili, allora, verificate le circostanze del caso, si potrà invocare la forza maggiore.
Sia l’Italia sia la Russia riconoscono la forza maggiore, cioè gli eventi straordinari ed imprevedibili che possono determinare la fine del rapporto contrattuale, senza responsabilità per danni a carico delle parti.
In tal caso, il contratto potrà essere risolto e le parti dovranno procedere alle restituzioni.
Se la merce non è stata consegnata o, comunque, non è passata in proprietà alla controparte russa, il venditore italiano la potrà facilmente recuperare e, se possibile, destinare ad un’altra vendita. Se nel frattempo è stato disposto un pagamento di un acconto, la restituzione o meno dell’acconto dipenderà dagli accordi contrattuali.
Tengasi altresì conto che, per consentire alle persone e società dell’UE di risolvere i contratti che prevedono transazioni vietate, i regolamenti sulle sanzioni Ue (art. 11, Reg. 833/2014) bloccano qualsiasi richiesta di prestazione o di danni avanzata nei confronti di persone dell’UE da persone, entità o società russe.
B) Le difficoltà di pagamento della merce esportabile in Russia
Come anticipato, le sanzioni europee e le misure restrittive russe impattano anche sugli scambi valutari e finanziari.
Anche qualora la merce sia esportabile in Russia, appare elevato il rischio di mancato incasso su una fornitura da pagare in un arco di tempo non breve.
Prendiamo il caso di una fornitura già consegnata e per la quale il venditore italiano e l’acquirente russo abbiano pattuito un pagamento dilazionato ad un anno, non assistito da garanzie né da assicurazione crediti.
Con l’inasprimento delle restrizioni valutarie, l’acquirente potrebbe ad un certo punto invocare la forza maggiore o l’eccessiva onerosità della prestazione di pagamento, a patto che non fosse prevedibile alla data di conclusione del contratto.
Anche se, a livello internazionale, l’obbligazione di pagamento è ritenuta quasi sempre possibile e dunque non esentabile per eventi di forza maggiore, vi sono dei casi estremi in cui ciò è possibile.
Inoltre, sia l’Italia, sia la Russia, e (sebbene solo a livello interpretativo) anche la Convenzione di Vienna del 1980 sui beni mobili hanno delle disposizioni che si applicano quando l’obbligazione di una delle parti diventa eccessivamente onerosa per circostanze inevitabili o imprevedibili (c.d. hardship).
Il problema dell’hardship è che non vi sono rimedi generalmente riconosciuti e gli ordinamenti che riconoscono l’hardship prevedono solitamente soluzioni diverse.
In generale, possiamo affermare che:
- la parte che dichiara di essere nell’impossibilità di effettuare il pagamento deve dare la prova di quanto affermato;
- se vi sono alternative accettabili e più costose ma non eccessivamente onerose, la parte dovrebbe effettuare la modalità alternativa di pagamento;
- se la forza maggiore e l’hardship vengono invocate in assenza dei presupposti, la controparte potrà risolvere il contratto e chiedere i danni.
E qui veniamo al nodo della questione e ad una regola negoziale fondamentale spesso ignorata dalle imprese italiana: la capacità dell’imprenditore di tutelare il suo credito è massima prima della conclusione del contratto e decresce con il passare del tempo e l’esecuzione della fornitura internazionale.
La mancanza di tutele contrattuali non previste in fase negoziale, la scelta erronea dei termini di resa, l’eccessiva fiducia nella capacità economica della controparte, non verificata quando era necessario, unita alla mancata stipula di assicurazioni crediti export (ad es. SACE) sono errori di partenza che si assommano a tutte le problematiche del fare affari in tempi incerti e magmatici come i nostri, e in particolare in un contesto di guerra.
Questi sono errori che noi di LEX IBC possiamo far evitare alle imprese che esportano: forniamo infatti assistenza legale per attività di import/export.
Cosa si può dire al nostro venditore italiano, che ha ricevuto alcuni acconti, a fronte della merce spedita in Russia ma che rischia di non ricevere il pagamento? Il consiglio, valutato il contratto e la legge applicabile, è di sospendere le forniture ovvero di continuare a fornire previa rinegoziazione tra le parti di condizioni di pagamento e/o di resa della merce più tutelanti per il fornitore.
Se la strada negoziale non è percorribile, i rimedi di legge deriveranno sempre dal contratto e dalla legge applicabile.
Se il contratto è sottoposto a legge russa e giurisdizione esclusiva russa, di questi tempi, la risposta è pressoché scontata. Il venditore italiano non potrà rivolgersi ad un giudice dell’UE che si dichiarerà incompetente, mentre sarà molto azzardato intentare un’azione legale in Russia.
Se il contratto prevede una legge, ma soprattutto una giurisdizione o un arbitro dell’UE, il nostro venditore potrà vedersi riconosciuto nell’UE il diritto al risarcimento del danno, esercitabile a condizione che la controparte russa disponga di beni, somme di denaro o di crediti nell’UE su cui potersi rivalere.
Se la controparte russa non ha beni o risorse in UE, il recupero del credito in Russia – tramite l’esecuzione di una sentenza UE favorevole – non appare una opzione praticabile in tempi di trade war.
LEX IBC può assistervi e fornire chiarimenti in merito allo specifico caso concreto.
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Il presente articolo non costituisce e non sostituisce un parere legale da richiedere in un caso concreto.